Obbligo di presentazione del casellario giudiziale – Intervento Nicola Corti

Il Gran Consiglio ha discusso oggi della proposta del Granconsigliere leghista Massimiliano Robbiani di introdurre l’obbligo di presentazione del casellario giudiziale di altri paesi se si è in possesso di una seconda cittadinanza. Come Gruppo PS abbiamo sostenuto il rapporto di maggioranza, che respinge questa proposta insensata. Siamo felice che anche il Gran Consiglio la vede così! Trovate qui l’intervento del nostro deputato Nicola Corti:

 

Signor Presidente,
Onorevoli Signori Consiglieri di Stato,
Colleghe e Colleghi,

con iniziativa parlamentare elaborata del 18 febbraio 2019 Massimiliano Robbiani e cofirmatari chiedono che i candidati ad elezioni cantonali e municipali in possesso di una cittadinanza ulteriore rispetto a quella svizzera presentino un estratto del casellario giudiziale anche di quel Paese.

Dopo aver ricordato agli iniziativisti che il 19 novembre 2018 il Gran Consiglio aveva già adottato  la nuova legge sull’esercizio dei diritti politici (LEDP), in vigore – va pur riconosciuto – solo dal 1° settembre 2019 (BU 2019, 265), sottolineando dunque che a dover subire modifiche dovrebbe semmai essere il vigente art. 47 cpv. 3 LEDP, il Consiglio di Stato, pur ritenendo che l’iniziativa abbia “una sua logica”, invita il Gran Consiglio a respingerla, avanzando soprattutto “importanti ragioni pratiche che sconsigliano la modificazione proposta nell’atto parlamentare”, soggiungendo che: “Anche la presentazione di un’autodichiarazione non ci sembra una via percorribile in questo contesto”. Più che apodittico, tombale.

La maggioranza della Commissione ha ritenuto infelice la proposta poiché il punto non è dato dalle cittadinanze plurime, bensì dal fatto semmai di rendere trasparenti condanne subìte da candidati ad elezioni, estendendo il campo delle verifiche anche fuori dai confini elvetici.

Fosse stata impostata così, l’iniziativa poteva anche meritare miglior fortuna, ma così come presentata risponde tutt’al più alla pruriginosa curiosità di chi vuol sapere se un candidato possiede unicamente la cittadinanza elvetica oppure anche altre nazionalità.

Il punto, in effetti, può unicamente essere la commissione di reati e la loro sanzione, non la nazionalità dell’autore-candidato. Mischiare nazionalità con criminalità ed estendere l’obbligo di presentazione del casellario giudiziale anche per il Paese di ulteriore nazionalità è come far di calcolo mischiando le mele con le pere.

Vi sono molti cittadini con più di una nazionalità che soggiornano all’estero per lavoro o per vacanza ma magari neppure mai nel Paese di cui sono anche cittadini oltre alla Svizzera: evidentemente avrebbero il casellario di quel Paese vergine, ma questo dato o meglio questo “non dato” cosa ci direbbe in più sul candidato? Vi sono d’altro canto anche politici o candidati tali ticinesissimi che senza, possedere altre nazionalità, sono stati o potranno venir coinvolti in procedimenti penali esteri, magari venendolo a sapere dalla stampa o restandone anche completamente all’oscuro: la trasparenza non varrebbe anche per loro?

Da questo punto di vista, anche un’autocertificazione per cui, a conoscenza del candidato, non vi sarebbero condanne pronunciate a suo carico, pur giovando alla trasparenza, servirebbe a poco o nulla, viste le difficoltà concrete di tempestiva verifica dei dati, per verifiche peraltro worldwide…

Consentitemi una digressione. Abbiamo una pandemia in corso, ha già toccato almeno 106 nazioni. Il virus non guarda in faccia a nessuno, non fa distinzioni fra provenienze, famiglie, tratti somatici, idee politiche o cittadinanze. Si fa un baffo dei confini politici, riducendoli a semplici linee sulla carta e mette a nudo molti tratti dilettantistici della politica di milizia.

Questo è il punto, ieri, oggi e finché vi sarà un domani. Ma torniamo alle nostre amene faccende.

Il Rapporto di minoranza tenta di salvare capra e cavoli proponendo, da un lato, un controprogetto e, dall’altro, in caso di approvazione parlamentare di Rapporto e disegno di legge, di ritenere così evasa l’iniziativa parlamentare elaborata.

Evviva il decisionismo, evviva il pragmatismo! Ma insomma, colleghe e colleghi, cerchiamo anche di non dimenticare forma e sostanza.

Ammesso e non concesso che la proposta Censi possa rendere superata l’iniziativa Robbiani, di cosa parliamo? Di un formulario con due possibili crocette, sì o no e, in caso di risposta affermativa prevedere spazio adeguato per indicare “se sì, quali/con quale esito”? Aggiungiamo anche “forse” o “non so”?

Anche dal punto di vista redazionale il controprogetto, invece di un ulteriore punto elenco, poteva limitarsi a proporre:

“nelle elezioni cantonali ai sensi dell’articolo 1 capoverso 3 e nell’elezione del Municipio, l’estratto del casellario giudiziale ed il formulario di autocertificazione concernente eventuali condanne inflitte all’estero”.

Sarebbe stato più fluido e in linea con la proposta Robbiani, ma tant’è.

Il punto è e rimane: chi controlla le risposte? Altri funzionari che debbono spendere tempo di lavoro googlando nomi e cognomi, badando poi ai casi di omonimia e dovendo considerare diritti all’oblio per condanne che, almeno secondo il diritto elvetico, non dovrebbero più figurare a casellario giudiziale?

Suvvia, siamo seri… È vero che non esistono domande stupide, solo le risposte debbono essere intelligenti, ma in questo caso l’unica risposta che sento valida è quella del nostro esecutivo e della maggioranza commissionale.

A nome del Gruppo PS invito dunque le colleghe ed i colleghi a votare sì al Rapporto Ris, respingendo così ogni e qualsivoglia forma di assist all’iniziativa che qui ci occupa. Grazie.

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