100 anni dallo Sciopero generale del 1918

«Noi chiediamo la riforma immediata del governo attuale del paese, conformemente alla volontà del popolo» recitava il volantino che chiamava allo sciopero generale, indetto 100 anni fa a partire dalla mezzanotte dell’11 novembre 1918. Fu indetto dal Comitato di Olten, fondato nel febbraio di quell’anno e che guidato dal Consigliere nazionale socialista Robert Grimm era diventato l’organo direttivo delle organizzazioni operaie. La miseria e il malcontento generato dalla guerra colpivano in particolar modo i lavoratori, confrontati alla penuria di viveri i cui prezzi erano più che raddoppiati in poco tempo. Solo una ristretta cerchia della popolazione incamerò guadagni altissimi, tratti dai profitti di guerra.

Durante l’autunno del 1918, prima dell’11 novembre e dello sciopero generale a cui parteciparono 250’000 persone, c’erano già stati dei focolai di scioperi locali. Il Comitato di Olten aveva presentato già da febbraio delle rivendicazioni al Consiglio federale accompagnate da minacce di sciopero. A fine settembre e il 1. ottobre, ci fu anche l’agitazione degli impiegati di banca, a Zurigo, appoggiata dallo sciopero dell’Unione operaia. Il 7 novembre, a Zurigo, ci fu una scalata della tensione provocata dall’esercito, il quale aveva fatto sfilare le sue truppe in un’operazione dimostrativa di forza. Uno sciopero di protesta fu quindi indetto per sabato 9 novembre, in 19 centri industriali e a Zurigo l’Unione sindacale decise di continuare lo sciopero e le manifestazioni il 10 novembre fino al ritiro delle truppe militari con cui l’esercito aveva deciso di occupare la città. Dimostrazione di forza dell’esercito e tensioni provocate dallo stesso anche perché a Zurigo, il 10 novembre, il Partito Socialista aveva previsto una festa per celebrare il primo anniversario della Rivoluzione d’ottobre in Russia e che i vertici dell’esercito pensarono di soffocare e impedire con l’operazione di forza e l’invio di truppe.

Con l’appello allo sciopero generale dell’11 novembre, il Comitato di Olten presentò un programma economico e avanzò delle rivendicazioni sindacali, sociali e politiche. Furono formulate delle rivendicazioni tra cui figuravano la settimana lavorativa di 48 ore, l’aumento dei salari, la garanzia dell’approvvigionamento alimentare, l’introduzione dell’AVS, il rinnovo immediato al proporzionale del Consiglio nazionale e il diritto di voto e di eleggibilità per le donne.

Delle rivendicazioni diventate nel tempo delle conquiste sociali e che oggi sono di notevole attualità. L’AVS, introdotta 71 anni fa e oggi va rinforzata per permettere alle pensionate e ai pensionati rendite con cui possano vivere dignitosamente, delle rendite che non sono state adattate da troppi anni. L’aumento dei bassi salari: è più che mai necessario introdurre un minimo salariale legale realmente dignitoso di almeno 3’750 franchi. Il diritto di voto e di eleggibilità è stato concesso alle donne solo nel 1971 e ad oggi non è ancora stata ancora realizzata l’uguaglianza dei salari, benché la parità sia iscritta nella Costituzione dal 1995.

Le rivendicazioni formulate quasi cent’anni fa dal Consiglio di Olten non vanno date per scontate, benché ad alcuni possano sembrare un’evidenza: l’AVS, il diritto di voto delle donne, la settimana lavorativa inferiore alle 48 ore hanno implicato rivendicazioni, battaglie e scioperi. Allora, cent’anni fa, la giustizia militare aprì dei procedimenti contro 3’500 persone, soprattutto ferrovieri, condannandone 147. Condannati a pene detentive anche Robert Grimm, Friedrich Schneider e Fritz Platten del Comitato di Olten così come Ernst Nobs, il primo Consigliere federale socialista, eletto il 15 novembre 1943. Una storia che ha cent’anni, importante per la Svizzera e la sua storia, a dimostrazione di quanto queste conquiste sociali siano preziose, di come il Partito Socialista, la Sinistra con Unione dei Sindacati abbiano combattuto e lottato per il benessere collettivo, di tutte e di tutti.  Cambiamenti che sono avvenuti anche grazie alla contestazione e alle rivendicazioni dalle piazze, a partire dal lavoro e dalle strade.

Per questo, oggi più che mai, è necessario fare presente la nostra memoria così come le rivendicazioni e le lotte di 100 anni fa perché è necessario rinforzare queste preziosissime conquiste sociali e garantirne la tutela nel futuro.

 

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