Obiettivi
Vogliamo che le prestazioni dell’amministrazione pubblica siano efficienti e migliorate costantemente. Vogliamo il rafforzamento della politica di valutazione di qualità che non si fermi ai soli aspetti formali per tutti i servizi e le prestazioni dell’amministrazione pubblica. Vogliamo inoltre che si valuti la possibilità di introdurre come strumenti operativi di valutazione il “bilancio sociale” e il “bilancio ambientale”. E in un secondo tempo valutare l’introduzione del “bilancio partecipativo” (obiettivo nr. 7 del programma). Vogliamo sostenere i contratti di prestazione quali strumenti per migliorare l’offerta ai cittadini e introdurre trasparenza nella gestione, opponendoci alla loro utilizzazione per fini di mero risparmio (obiettivo nr. 22 del programma).
Contesto politico e proposte
La valutazione permanente dei processi di lavoro nell’amministrazione pubblica e la costante verifica dell’efficacia di quanto faccia l’ente pubblico nel perseguimento degli obiettivi politici dichiarati deve essere un obiettivo della sinistra, perché il denaro pubblico va impiegato al meglio e le eventuali lacune nei servizi e nelle prestazioni alla popolazione vanno identificate per tempo e corrette. Questo principio, oltre che essere corretto in sé, permette di evitare la facile critica demagogica, spesso non disinteressata, contro tutto quello che è pubblico. Al miglioramento delle modalità di lavoro dell’ente pubblico si affianca il problema dell’adeguatezza delle risorse per finanziare questa attività. È su questo punto che il PS ha sostenuto negli anni recenti le più importanti battaglie contro i tagli e le ristrutturazioni al risparmio, anche in votazione popolare (16 maggio 2004 sussidi di cassa malati e scuola, 12 marzo 2006 sussidi di cassa malati, 3 marzo 2013 tutele e curatele, 22 settembre 2013 privatizzazione compiti di polizia, 18 maggio 2014 sussidi di cassa malati), battaglie che hanno visto la vittoria di chi combatteva i tagli. Lo strumento dei contratti di prestazione è stato introdotto nella gestione pubblica cantonale da alcuni anni per la regolazione dei rapporti tra Cantone ed enti o organizzazioni terze che compiono compiti pubblici e/o finanziati con denaro pubblico e finora ha dato buona prova di sé. In stallo dal 2012 in Gran Consiglio una proposta del Governo a favore delle unità amministrative autonome, modello che permette di usare il sistema dei contratti di prestazione anche internamente all’amministrazione cantonale
Obiettivi
Vogliamo che la carica di deputato al Gran Consiglio divenga incompatibile con le cariche dirigenziali parastatali; per parità di trattamento l’attuale incompatibilità assoluta per gli impiegati pubblici cantonali deve invece essere limitata ai funzionari dirigenti. In un’ottica di trasparenza dell’amministrazione vogliamo che siano resi pubblici i dati sui beneficiari di mandati e finanziamenti conferiti o erogati dal Cantone (obiettivo nr. 5 del programma).
Contesto politico e proposte
Le norme costituzionali e legali attuali sulle incompatibilità presentano evidenti lacune, permettendo anche ai dirigenti degli enti parastatali di accedere alla carica di deputato, ma impedendo questo accesso agli impiegati pubblici non dirigenti. Si tratta di una stortura che va corretta, poiché il principio di trasparenza vorrebbe che non si confondessero i ruoli tra controllori e controllati, indipendentemente dal fatto che questi ultimi siano dipendenti pubblici o dipendenti privati lautamente finanziati dall’ente pubblico. I diritti civici fondamentali, dal canto loro, vorrebbero che non si togliesse il diritto di eleggibilità a chi non ha alcuna influenza nella direzione dell’ente pubblico. Per correggere questa stortura il PS ha presentato diverse iniziative in Parlamento, sempre respinte. Anche le regole sulla trasparenza e l’informazione sono carenti, benché secondo la legge i dati su tutti i mandati decisi in applicazione della Legge cantonale sulle commesse pubbliche superiori ai fr. 5’000.- debbano essere pubblicati.
Obiettivi
Vogliamo l’introduzione di limiti alle spese elettorali e regole sulla trasparenza dei finanziamenti ai partiti e movimenti in modo da maggiormente equilibrare la competizione elettorale, non favorendo soltanto quei partiti che possono far leva su facoltosi donatori (obiettivo nr. 6 del programma).
Contesto politico e proposte
La questione del finanziamento della politica si è posta con forza negli anni ’90, quando il Gran Consiglio accettò nel 1997, a grande maggioranza, un’iniziativa parlamentare generica Menghetti/Merlini tendente a introdurre l’obbligo di notifica dei mezzi finanziari impiegati dalla politica e della loro provenienza, la determinazione di un limite massimo di spesa e l’eventualità di sanzionare i contravventori. L’iniziativa venne attuata parzialmente nel quadro della revisione generale della legge cantonale sull’esercizio dei diritti politici del 7 ottobre 1998 (LEDP). In quell’occasione il Gran Consiglio scelse di non introdurre limiti alle spese elettorali dei candidati e delle liste, limitandosi a inserire nella legge un limite complessivo di fr. 50’000 per i doni che ogni candidato sarebbe stato autorizzato a ricevere da terzi (art. 115 cpv. 2 LEDP), ma il Tribunale federale annullò questa decisione per incostituzionalità. Per quanto concerne la trasparenza, il Gran Consiglio introdusse, per partiti e movimenti politici, l’obbligo di comunicare annualmente alla Cancelleria dello Stato l’ammontare dei finanziamenti che eccedono la somma annua di fr. 10’000.-, e l’identità dei donatori (art. 114 LEDP). Inoltre, secondo l’art. 115 cpv. 1 LEDP, ogni candidato alle elezioni cantonali deve comunicare alla Cancelleria dello Stato, entro il termine di trenta giorni antecedente la data dell’elezione, l’ammontare dei finanziamenti che eccedono la somma di fr. 5’000.- e l’identità dei donatori. In entrambi i casi è prevista la pubblicazione nel Foglio ufficiale. Il 13 maggio 2002 il Gran Consiglio, discutendo di un’iniziativa simile a quella approvata nel 1997, decise di conferire a una sua Commissione il mandato di elaborare un progetto di legge, progetto che venne discusso dal Parlamento il 21 febbraio 2005 e che cadde per pochi voti. La problematica rimane attuale e deve essere riproposta all’attenzione del Gran Consiglio.