Obiettivi
Vogliamo una legislazione federale sulle borse di studio orientata verso una loro armonizzazione sul piano federale. Coloro che riprendono una formazione devono poter beneficiare di borse di studio senza limiti di età (obiettivo nr. 138 del programma).
Le borse e i prestiti di studio, gli assegni di riqualificazione e di aggiornamento permanente devono essere potenziati attraverso il finanziamento congiunto da parte dello Stato, dell’economia, dell’assicurazione disoccupazione secondo modelli integrati e armonici che favoriscano comunque il diritto fondamentale alla formazione di base e permanente senza limitazioni artificiali (ad esempio sulla base dell’età) (obiettivo nr. 151 del programma).
Contesto politico e proposte
La concessione di aiuti allo studio agli allievi meno favoriti economicamente è uno dei capisaldi della democratizzazione degli studi e dell’accesso a formazioni importanti. La Legge della scuola del 1990, come già la legge precedente, riconosce questo principio e conferisce al Consiglio di Stato il dovere di applicarlo.
Sulla base del regolamento sulle borse di studio il Consiglio di Stato spende oggi ca. 18 milioni all’anno per gli assegni di studio ed eroga prestiti di studio per 4 milioni all’anno. I limiti di reddito per avere diritto alle borse di studio sono stati rivisti dal 2012 secondo un nuovo modello, detto del reddito disponibile, che calcola meglio il fabbisogno dei richiedenti rispetto a quello precedente, detto del reddito imponibile. I limiti d’età sono mantenuti dalla legislazione attuale.
Dopo decenni nei quali il tema è rimasto di stretta competenza dei Cantoni, finalmente il 21 maggio 2006 popolo e Cantoni hanno approvato un articolo costituzionale sulle borse di studio e nell’ottobre 2006 la Confederazione si è dotata della Legge federale sui sussidi alle spese dei Cantoni per borse e prestiti di studio nella formazione terziaria. Anche i Cantoni hanno trovato un’intesa attorno a un accordo intercantonale, entrato in vigore nel 2014. Lo stesso, al quale ha aderito anche il Ticino, ha permesso di aumentare la borsa di studio massima e quindi di concedere di più nei casi di necessità finanziaria.
Il Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport si è battuto affinché il Consiglio di Stato licenziasse un progetto di legge su questa materia, cosa che è avvenuta nel 2014; attualmente il progetto di legge è ancora in gestazione in Gran Consiglio.
Per il passaggio alla Confederazione di questa materia è pendente un’iniziativa popolare lanciata dall’Unione degli studenti, sulla quale il PS ha cercato invano per ora di proporre un controprogetto alle Camere federali.
Gli aiuti allo studio in senso stretto sono poi completati da una serie di prestazioni sociali di reinserimento che usano la riformazione come strumento per una ripartenza personale. È necessario che tutti questi aiuti siano ben coordinati, per evitare doppioni o lacune nel sistema.
Obiettivi
Nell’elaborazione delle normative che regolano le attività culturali del Paese e il loro incoraggiamento si deve tenere conto delle pluralità linguistiche e culturali nazionali. Le pluralità sono rappresentate dalle diverse componenti storiche del Paese, ma anche dalle nuove realtà linguistiche e culturali. (obiettivo nr. 158 del programma).
Occorre vigilare affinché sistemi misti di promozione della cultura che coinvolgano il pubblico e il privato garantiscano la salvaguardia della sensibilità nei confronti di progetti culturali non necessariamente redditizi a breve termine sul piano finanziario (obiettivo nr. 159 del programma).
Occorre garantire che alle istituzioni di conservazione e di promozione del patrimonio culturale nazionale (archivi storici federali, biblioteca federale, musei nazionali ecc.) siano assicurati mezzi sufficienti a consolidare e conservare la loro vocazione primaria (obiettivo nr. 160 del programma).
Devono essere potenziate e coordinate la protezione del territorio, quella dei beni culturali, quella della memoria collettiva della popolazione. Tale sforzo deve riguardare tutto il Cantone nella sua globalità, senza dimenticare le zone periferiche. La tutela del patrimonio culturale cantonale deve essere rafforzata attraverso opportuni strumenti legislativi (realizzazione della legge sugli archivi; discussione della possibilità di adottare una legge quadro sulla cultura) (obiettivo nr. 161 del programma).
Occorre trovare una soluzione organica alle richieste di spazi per centri socio-culturali alternativi e/o autogestiti: chi ha sviluppato progetti o modelli di vita alternativi ha il diritto di avere spazi adeguati alla loro libera espressione e manifestazione (obiettivo nr. 162 del programma).
Ogni minoranza ha il diritto di esprimere le proprie idee e la propria cultura. Le comunità straniere in Ticino, le associazioni di solidarietà, i gruppi di sostegno a categorie o gruppi marginali o in difficoltà devono trovare spazi e mezzi adeguati per l’esercizio delle loro attività. Il dialogo interculturale deve essere incoraggiato sostenendo istituzioni, associazioni e gruppi che si muovono in questa direzione (obiettivo nr. 163 del programma).
La dotazione finanziaria degli istituti di ricerca e delle borse cantonali per la ricerca scientifica deve essere incrementata. La rete di biblioteche, archivi, cinema, teatri deve essere adeguatamente distribuita sul territorio (obiettivo nr. 164 del programma).
Contesto politico e proposte
Nel corso del quadriennio 2011/2015 i si sono fatti passi avanti importanti quanto alla realizzazione delle basi legali su cui poggia la politica culturale cantonale. Sono infatti entrate in vigore la legge archivistica e la legge sul sostegno alla cultura, che conferiscono oggi a questo ambito un contesto giuridico solido. L’organizzazione degli istituti culturali del Cantone viene adattata per quanto possibile alle nuove esigenze considerando le possibili sinergie, per esempio con il progetto di partnership in ambito bibliotecario tra Cantone e città di Mendrisio o con il progetto di museo d’arte unico in partnership con la città di Lugano. L’avvio dei lavori della Conferenza cantonale della cultura, che raduna dal 2015 i decisori politici del Cantone, dei Comuni e privati con l’impegno di elaborare una politica culturale integrata, potrà dare nuovi impulsi nei prossimi anni.
La presenza sul territorio di centri di cultura alternativa ormai radicati e le diverse richieste all’autorità pubblica provenienti da questi soggetti intese a ricevere un sostegno indiretto richiedono delle risposte concrete. Oggi come ieri, purtroppo, ci si limita a osservare questi fenomeni o a intervenire solo quando essi si collegano a problemi di ordine pubblico. Su questo punto il PS chiede al Consiglio di Stato di volersi smuovere dall’immobilismo attuale. Anche in materia di promozione del dialogo interculturale non ci pare che vi siano oggi concreti segnali di un approccio alla questione che vada al di là delle risposte dovute in occasione di contingenze sporadiche.
Obiettivi
La formazione permanente deve sottostare a un sistema unico e trasparente che riconosca e certifichi le offerte formative. La promozione del diritto alla formazione permanente deve passare attraverso maggiori investimenti nel settore; devono essere in particolare sostenute le donne, i giovani più deboli e gli adulti esclusi in passato. Le possibilità di accesso a un attestato federale di capacità devono essere rese più flessibili (obiettivo nr. 149 del programma).
Contesto politico e proposte
La Confederazione si è dotata nel giugno 2014 di una nuova legge federale sulla formazione continua, la quale sarà probabilmente il punto di partenza per una nuova stagione di proposte in questo settore. La legge federale si occupa anche del delicato tema dell’acquisizione e mantenimento delle competenze di base da parte degli adulti. Il Cantone deve cogliere l’occasione di questo cambiamento di paradigma per l’adozione di una legge specifica in materia, stimolando così l’adozione di misure adeguate a rispondere alle domande di formazione permanente e di recupero di competenze di base che provengono dal territorio ticinese.
Obiettivi
Gli obiettivi di armonizzazione dei programmi a livello svizzero non devono in alcun modo limitare le proposte cantonali che mirano a conservare il patrimonio culturale locale. In questo senso va preservato il modello ticinese di scuola elementare e media integrativa così come il liceo quadriennale e di qualità. L’armonizzazione dei sistemi scolastici deve promuovere la conoscenza delle lingue nazionali (obiettivo nr. 136 del programma).
La scuola dell’obbligo è il luogo più importante per l’integrazione: deve quindi essere la sede privilegiata per l’educazione all’alterità, alla convivenza civile e alla pace. Devono essere studiate e adottate misure specifiche di integrazione di ogni forma di «differenza», quali ad esempio corsi di lingue per gli allievi di famiglie immigrate, classi meno numerose, insegnanti d’appoggio, organizzazione di corsi di lingua e cultura d’origine (obiettivo nr. 139 del programma).
La scuola dell’obbligo deve continuare a essere completamente gratuita (frequenza, materiale, trasporti). Per le scuole del livello secondario (licei, scuole professionali ecc.) deve essere mantenuta la gratuità dell’iscrizione (obiettivo nr. 140 del programma).
Il settore della scuola dell’obbligo deve essere rafforzato e migliorato attraverso l’impulso all’innovazione pedagogico-didattica, la diminuzione del numero di allievi nelle classi, il potenziamento del sostegno pedagogico, in particolare aumentando la dotazione oraria degli istituti e prevedendo il graduale inserimento di nuove figure educative. È necessario riconoscere i nuovi obiettivi educativi che la società delega agli insegnanti, il cui compito prioritario deve essere la formazione di cittadini responsabili, attenti ai problemi della società, con solide basi culturali. Lo statuto degli insegnanti deve essere adeguato ai nuovi compiti educativi e in quest’ottica gli insegnanti devono poter beneficiare di una formazione continua permanente (obiettivo nr. 141 del programma).
Sono da prevedere maggiori dotazioni finanziarie sia per l’insegnamento differenziato, volto a migliorare l’apprendimento degli allievi meno favoriti, sia per l’aggiornamento degli insegnanti. Una più incisiva offerta nella formazione differenziata permetterà di rispondere con più efficacia al sistema delle lezioni private a carico delle famiglie (obiettivo nr. 142 del programma).
Occorre garantire nelle scuole comunali equità tra i diversi istituti scolastici, mettendo a disposizione dei circondari e dei Comuni le risorse necessarie, mantenendo sedi decentrate e parificando i salari dei docenti della scuola dell’infanzia a quelli dei colleghi della scuola elementare (obiettivo nr. 145 del programma).
Le strutture scolastiche devono rispondere il più possibile alle esigenze e ai bisogni delle famiglie. È pertanto necessario promuovere l’introduzione e il rafforzamento dell’orario scolastico continuato, delle mense scolastiche, di interventi di sostegno e di accompagnamento educativi all’inizio e alla fine della giornata, dei servizi parascolastici in generale. Tali risposte ai bisogni devono essere armonizzate con quelle previste nell’ambito della politica familiare dal programma (obiettivo nr. 144 del programma).
Contesto politico
Se nel quadriennio 2000-2003 il tema di politica scolastica più discusso è stato quello del finanziamento delle scuole private, risoltosi il 18 febbraio 2001 con la sonora bocciatura dell’iniziativa popolare lanciata dagli ambienti che le sostenevano, a partire dal quadriennio 2004-2007 il dibattito si è concentrato sulla questione delle risorse disponibili. Unitamente alla socialità, la scuola costituisce infatti un ambito di spesa importante per il Cantone e, come la socialità, risulta essere particolarmente sotto tiro quando si discute di risorse finanziarie. Le misure prese con il Preventivo dello Stato 2004, contestate da tre referendum popolari in questo ambito, hanno rappresentato segnali pericolosi, poiché sono state prese al di fuori da qualsiasi concertazione o accordo complessivo.
L’obiettivo nr. 136 è stato sostanzialmente raggiunto con le modifiche costituzionali in ambito di formazione adottate da popolo e Cantoni nel maggio 2006 e con l’adozione del concordato HarmoS, accolto dal Gran Consiglio nel febbraio 2009. Il concordato prevede importanti novità per la scuola dell’infanzia e la scuola elementare, ma il Ticino non vedrà sostanzialmente modificata la propria impostazione scolastica avendo ottenuto delle eccezioni. In materia di insegnamento delle lingue il dibattito nazionale è aperto e finalmente la Confederazione sembra aver deciso di voler intervenire a salvaguardia della reciproca conoscenza delle regioni linguistiche qualora i Cantoni non dovessero riuscire a mantenere il compromesso attualmente in vigore e incluso nel concordato appena citato.
Gli obiettivi 139-142 e 145 sono attualmente perseguiti dal Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport e dal Consiglio di Stato con il potenziamento del sostegno pedagogico nelle scuole comunali e la sua cantonalizzazione (riforma implementata nel periodo 2012/2015), con il rafforzamento della formazione continua degli insegnanti (riforma accolta dal Gran Consiglio nel gennaio 2015), con il progetto ”La scuola che verrà” (presentato a fine 2014), con il riconoscimento giuridico dei corsi di lingua originale per gli immigrati dal 2014, con il miglioramento salariale per alcune categorie di docenti (scuole comunali dal settembre 2014, docenti alloglotti dal settembre 2015 e con la soppressione delle penalità per neoassunti dal 2013. Purtroppo l’obiettivo della riduzione del numero di allievi per classe per ora non è stato ottenuto, né con il voto popolare del settembre 2014, perso per poco, né grazie alle controproposte dipartimentali; su questo tema rimane pendente un’iniziativa popolare inerente alle scuole medie. Quanto all’equità di risorse nel quadro delle scuole comunali, la questione è sostanzialmente in mano ai Comuni, ma il processo delle aggregazioni comunali e l’aumento degli standard degli istituti comunali richiesti dalla politica scolastica cantonale (per esempio con la direzione obbligatoria dal 2015) permettono di avvicinare questo obiettivo; anche la parificazione tra salari dei docenti di scuola elementare e scuola dell’infanzia è un obiettivo del Dipartimento.
La questione del ruolo educativo e formativo della scuola, soprattutto di quella dell’obbligo, è intimamente legata a quella dello sviluppo di una serie di servizi scolastici ed extrascolastici (obiettivo nr. 144). Essi, sebbene costituiscano prestazioni non strettamente connesse con il ruolo educativo e formativo della scuola, servono a garantire condizioni di base preliminari su cui possa poggiare l’intervento scolastico e per questo vanno anch’essi sviluppati. In altre parole, se alla scuola si chiede oggi di educare e formare, si chiede di farlo compatibilmente con il rispetto delle esigenze degli allievi e delle famiglie. Ciò significa che difficilmente essa, o in termini più generali l’ente pubblico, potranno rinunciare a compiti parascolastici che costituiscono la base preliminare sulla quale impostare educazione e formazione. Al contrario questi servizi andranno sviluppati secondo i bisogni, anche nell’interesse della scuola stessa. L’azione del Governo in questa direzione è troppo lenta e purtroppo il voto del settembre 2014 non ha permesso di fare dei passi avanti in questa direzione, garantendo un servizio pubblico gratuito per le prestazioni di base ed evitando disparità tra i vari istituti scolastici.
Obiettivi
Gli obiettivi di armonizzazione dei programmi a livello svizzero non devono in alcun modo limitare le proposte cantonali che mirano a conservare il patrimonio culturale locale. In questo senso va preservato il modello ticinese di scuola elementare e media integrativa così come il liceo quadriennale e di qualità. L’armonizzazione dei sistemi scolastici deve promuovere la conoscenza delle lingue nazionali (obiettivo nr. 136 del programma).
La scuola dell’obbligo è il luogo più importante per l’integrazione: deve quindi essere la sede privilegiata per l’educazione all’alterità, alla convivenza civile e alla pace. Devono essere studiate e adottate misure specifiche di integrazione di ogni forma di «differenza», quali ad esempio corsi di lingue per gli allievi di famiglie immigrate, classi meno numerose, insegnanti d’appoggio, organizzazione di corsi di lingua e cultura d’origine (obiettivo nr. 139 del programma).
La scuola dell’obbligo deve continuare a essere completamente gratuita (frequenza, materiale, trasporti). Per le scuole del livello secondario (licei, scuole professionali ecc.) deve essere mantenuta la gratuità dell’iscrizione (obiettivo nr. 140 del programma).
Il settore della scuola dell’obbligo deve essere rafforzato e migliorato attraverso l’impulso all’innovazione pedagogico-didattica, la diminuzione del numero di allievi nelle classi, il potenziamento del sostegno pedagogico, in particolare aumentando la dotazione oraria degli istituti e prevedendo il graduale inserimento di nuove figure educative. È necessario riconoscere i nuovi obiettivi educativi che la società delega agli insegnanti, il cui compito prioritario deve essere la formazione di cittadini responsabili, attenti ai problemi della società, con solide basi culturali. Lo statuto degli insegnanti deve essere adeguato ai nuovi compiti educativi e in quest’ottica gli insegnanti devono poter beneficiare di una formazione continua permanente (obiettivo nr. 141 del programma).
Sono da prevedere maggiori dotazioni finanziarie sia per l’insegnamento differenziato, volto a migliorare l’apprendimento degli allievi meno favoriti, sia per l’aggiornamento degli insegnanti. Una più incisiva offerta nella formazione differenziata permetterà di rispondere con più efficacia al sistema delle lezioni private a carico delle famiglie (obiettivo nr. 142 del programma).
Occorre garantire nelle scuole comunali equità tra i diversi istituti scolastici, mettendo a disposizione dei circondari e dei Comuni le risorse necessarie, mantenendo sedi decentrate e parificando i salari dei docenti della scuola dell’infanzia a quelli dei colleghi della scuola elementare (obiettivo nr. 145 del programma).
Le strutture scolastiche devono rispondere il più possibile alle esigenze e ai bisogni delle famiglie. È pertanto necessario promuovere l’introduzione e il rafforzamento dell’orario scolastico continuato, delle mense scolastiche, di interventi di sostegno e di accompagnamento educativi all’inizio e alla fine della giornata, dei servizi parascolastici in generale. Tali risposte ai bisogni devono essere armonizzate con quelle previste nell’ambito della politica familiare dal programma (obiettivo nr. 144 del programma).
Contesto politico
Se nel quadriennio 2000-2003 il tema di politica scolastica più discusso è stato quello del finanziamento delle scuole private, risoltosi il 18 febbraio 2001 con la sonora bocciatura dell’iniziativa popolare lanciata dagli ambienti che le sostenevano, a partire dal quadriennio 2004-2007 il dibattito si è concentrato sulla questione delle risorse disponibili. Unitamente alla socialità, la scuola costituisce infatti un ambito di spesa importante per il Cantone e, come la socialità, risulta essere particolarmente sotto tiro quando si discute di risorse finanziarie. Le misure prese con il Preventivo dello Stato 2004, contestate da tre referendum popolari in questo ambito, hanno rappresentato segnali pericolosi, poiché sono state prese al di fuori da qualsiasi concertazione o accordo complessivo.
L’obiettivo nr. 136 è stato sostanzialmente raggiunto con le modifiche costituzionali in ambito di formazione adottate da popolo e Cantoni nel maggio 2006 e con l’adozione del concordato HarmoS, accolto dal Gran Consiglio nel febbraio 2009. Il concordato prevede importanti novità per la scuola dell’infanzia e la scuola elementare, ma il Ticino non vedrà sostanzialmente modificata la propria impostazione scolastica avendo ottenuto delle eccezioni. In materia di insegnamento delle lingue il dibattito nazionale è aperto e finalmente la Confederazione sembra aver deciso di voler intervenire a salvaguardia della reciproca conoscenza delle regioni linguistiche qualora i Cantoni non dovessero riuscire a mantenere il compromesso attualmente in vigore e incluso nel concordato appena citato.
Gli obiettivi 139-142 e 145 sono attualmente perseguiti dal Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport e dal Consiglio di Stato con il potenziamento del sostegno pedagogico nelle scuole comunali e la sua cantonalizzazione (riforma implementata nel periodo 2012/2015), con il rafforzamento della formazione continua degli insegnanti (riforma accolta dal Gran Consiglio nel gennaio 2015), con il progetto ”La scuola che verrà” (presentato a fine 2014), con il riconoscimento giuridico dei corsi di lingua originale per gli immigrati dal 2014, con il miglioramento salariale per alcune categorie di docenti (scuole comunali dal settembre 2014, docenti alloglotti dal settembre 2015 e con la soppressione delle penalità per neoassunti dal 2013. Purtroppo l’obiettivo della riduzione del numero di allievi per classe per ora non è stato ottenuto, né con il voto popolare del settembre 2014, perso per poco, né grazie alle controproposte dipartimentali; su questo tema rimane pendente un’iniziativa popolare inerente alle scuole medie. Quanto all’equità di risorse nel quadro delle scuole comunali, la questione è sostanzialmente in mano ai Comuni, ma il processo delle aggregazioni comunali e l’aumento degli standard degli istituti comunali richiesti dalla politica scolastica cantonale (per esempio con la direzione obbligatoria dal 2015) permettono di avvicinare questo obiettivo; anche la parificazione tra salari dei docenti di scuola elementare e scuola dell’infanzia è un obiettivo del Dipartimento.
La questione del ruolo educativo e formativo della scuola, soprattutto di quella dell’obbligo, è intimamente legata a quella dello sviluppo di una serie di servizi scolastici ed extrascolastici (obiettivo nr. 144). Essi, sebbene costituiscano prestazioni non strettamente connesse con il ruolo educativo e formativo della scuola, servono a garantire condizioni di base preliminari su cui possa poggiare l’intervento scolastico e per questo vanno anch’essi sviluppati. In altre parole, se alla scuola si chiede oggi di educare e formare, si chiede di farlo compatibilmente con il rispetto delle esigenze degli allievi e delle famiglie. Ciò significa che difficilmente essa, o in termini più generali l’ente pubblico, potranno rinunciare a compiti parascolastici che costituiscono la base preliminare sulla quale impostare educazione e formazione. Al contrario questi servizi andranno sviluppati secondo i bisogni, anche nell’interesse della scuola stessa. L’azione del Governo in questa direzione è troppo lenta e purtroppo il voto del settembre 2014 non ha permesso di fare dei passi avanti in questa direzione, garantendo un servizio pubblico gratuito per le prestazioni di base ed evitando disparità tra i vari istituti scolastici.
Obiettivi
I centri di formazione svizzeri devono trovare una distribuzione il più possibile equa e omogenea su tutto il territorio nazionale. È necessario riequilibrare l’attribuzione delle risorse anche dal profilo delle competenze e delle specializzazioni, tra discipline scientifiche e umanistiche, ecc (obiettivo nr. 137 del programma).
L’intero sistema formativo deve essere sviluppato in un’ottica d’integrazione tra istituzioni scolastiche, centri di ricerca e aziende. I diversi centri di ricerca e formazione devono essere coordinati in una rete di centri di competenza integrati e complementari (obiettivo nr. 148 del programma).
È necessario sviluppare una politica di pianificazione universitaria, accompagnata da un ampio confronto nel paese, che sappia individuare tendenze di sviluppo, qualificanti e di reale eccellenza, che siano legate al territorio di riferimento e che contribuiscano alla crescita complessiva del Paese. Le offerte esistenti devono essere coordinate, evitando la dispersione di risorse (obiettivo nr. 152 del programma).
Il sistema universitario deve essere democratico e trasparente. Il corpo docente, il corpo intermedio e gli studenti devono potere essere rappresentati negli organismi di governo delle istituzioni universitarie. L’offerta didattica e l’attività di ricerca devono essere sottoposte a verifiche di qualità svolte da organismi esterni e indipendenti. Le nomine del personale docente devono avvenire secondo i criteri della pubblicità, del merito, della qualità scientifica delle candidature (obiettivo nr. 153 del programma).
Deve proseguire il processo di qualificazione della SUPSI, in modo che essa divenga sempre più un centro di competenza al servizio dell’innovazione sociale ed economica del Cantone, e nel contempo un polo di eccellenza in grado di offrire i suoi servizi in un’ottica di sviluppo transfrontaliero. Vanno pertanto chiariti gli aspetti ancora aperti relativi alla normalizzazione con i sistemi europei. I livelli di accesso e i titoli erogati devono essere armonizzati con quelli in vigore nella UE (obiettivo nr. 154 del programma).
Contesto politico e proposte
L’Università della Svizzera italiana e la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana sono istituti giovani. Il bilancio che il PS trae da questo primo significativo segmento di attività si discosta dalla valutazione piuttosto autocelebrativa che queste strutture fanno del loro operare, valutazione troppo spesso assunta senza un’adeguata distanza critica anche dalla politica ticinese. Il PS sostiene una buona pianificazione universitaria, analogamente a quanto si fa per prassi consolidata negli altri Cantoni, e il principio secondo cui il Paese sia chiamato a partecipare alla definizione di ciò che le strutture universitarie possono e devono rappresentare nell’interesse di tutta la comunità, stimolando il dibattito e il confronto pluralistico e aperto. Una riflessione generale e una conseguente strategia pianificatoria sono strumento fondamentale per costruire un’offerta nella formazione di terzo livello che sia organica e coerente, in cui USI e SUPSI si completino senza inutili sovrapposizioni e doppioni in un’offerta rispettosa delle diverse esigenze degli studenti, del territorio e del mercato del lavoro. Dopo una modifica di legge del 2005 richiesta da un atto parlamentare socialista, il Gran Consiglio ha potuto votare sulla pianificazione universitaria quadriennale per la prima volta per il periodo 2008/2011, poi prolungata di un anno, sulla base di una visione complessiva e di prospettive di medio periodo. Attualmente è in vigore la pianificazione 2013/2016.
Per garantire una formazione di buon livello, che renda attrattiva l’offerta universitaria ticinese, le strutture universitarie devono puntare sulla trasparenza, su una rigorosa selezione del personale docente e delle offerte didattiche, senza indulgere alla pericolosa deriva delle offerte “di marketing”. La qualità della formazione offerta deve essere costantemente verificata da organismi indipendenti. Nel quadro di un possibile compromesso a un’iniziativa popolare, è pendente in Gran Consiglio una modifica della legge che apre alle rappresentanze delle varie componenti delle scuole universitarie.
Nel corso del quadriennio 2011/2014 l’USI ha visto riconosciuta dal Gran Consiglio la sua quinta facoltà (scienze biomediche), facoltà ancora in fieri, mentre la SUPSI ha visto accolto il messaggio sul finanziamento dei suoi nuovi campus a Lugano e Mendrisio